Francesco Cento

Radio Rivista ottobre 2007Tra i tanti Internati che contribuirono, spesso a loro insaputa, alla realizzazione di Caterina, Francesco Cento rivela, in un articolo pubblicato sul numero di ottobre 2007 di RadioRivista, le modalità di “ingaggio” adottate nel campo di Sandbostel: gli Internati che avevano conoscenze di elettricità o radiotecnica erano avvicinati dal capo baracca, il quale aveva il compito di informarsi sulle loro capacità. A ciascuno di essi veniva quindi richiesto di procurare il materiale o realizzare i singoli pezzi che hanno dato vita a Caterina, a rischio della propria vita.

Francesco (per gli amici, Franco) ha dettato telefonicamente l’articolo a Maurizio Grillini IZ4BBD, motivo per cui porta la firma di quest’ultimo. La prima stesura recava la data del 26 dicembre 2006, data in cui l’articolo fu pubblicato in una pagina nascosta di questo sito per permettere a Franco di segnalare eventuali errori, e per dare ulteriore materiale informativo ai docenti che ci hanno contattati.

 

 

“…Tra i tanti amici di Radio Caterina”
Francesco Cento
 
di Maurizio Grillini IZ4BBD

 

Francesco Cento I1IOFFrancesco Cento, radioamatore con il nominativo I1IOF, ci ha rilasciato una simpatica intervista telefonica il 15 ottobre 2006. Francesco Cento, che oggi è Presidente della Sezione ARI di Genova, fu Internato a Sandbostel, dove nacque Caterina. Durante la prigionia, Cento fu contattato dal capo baracca Piazza, che gli chiese se fosse in grado di realizzare un condensatore, senza altri dettagli. Cento rispose di no. Probabilmente si trattava dello stesso condensatore variabile realizzato poi da Ernesto Viganò.

Dopo qualche giorno il capo baracca Piazza tornò da Cento chiedendogli se fosse in grado di recuperare del filo di rame. Questa volta la risposta fu affermativa. Ma bisognava agire d’astuzia…

I tedeschi, per poter meglio controllare i prigionieri e dare il minimo vantaggio in caso di fughe, facevano due “conte” al giorno facendo uscire tutti i prigionieri dalle baracche e tenendoli in piedi anche per ore, con qualsiasi condizione meteorologica. L’operazione della conta era resa molto difficoltosa dal numero notevole di prigionieri (oltre 7000), cosa che non agevolava certo la quadratura dei conti, per non parlare di una volontaria indisciplina dei nostri che, per fare dispetto ai tedeschi, le inventavano di tutte boicottando in ogni modo le operazioni. Durante una conta, dopo aver verificato che nella baracca non sarebbero rimaste altre persone, Cento si diede per malato. Si arrampicò quindi su un “castello” (ai prigionieri erano assegnati letti a castello a 2 o 3 piani) e iniziò a sfilare uno dei due fili conduttori che dall’interruttore portavano alimentazione alle lampade e si stendevano per tutta la lunghezza della baracca (20/30 metri). Ma non era finita: bisognava fare in modo che i tedeschi non si accorgessero della “sottrazione”. A quei tempi gli impianti elettrici erano realizzati con tubetti di cartone catramato rivestiti in metallo (tubo “Bergmann”), all’interno dei quali erano infilati i fili conduttori. Cento pensò bene di collegare la protezione metallica al posto del conduttore appena sfilato, ripristinando il circuito elettrico. Le lampade potevano accendersi regolarmente e Cento poté consegnare al capo baracca Piazza la preziosa matassa.

Missione compiuta, quindi, con un solo “effetto collaterale” di cui Cento prova ancora rammarico: durante l’operazione ha sfondato infatti il letto di un commilitone. Dettaglio che a noi potrà sembrare di poco conto, ma non per chi – privato di tutto – doveva lottare quotidianamente nella miseria del Lager.

Questo breve episodio raccontato da Francesco Cento ha una grande importanza nel comprendere come è nata Caterina: un’organizzazione ferrea, dove i realizzatori dei singoli componenti non conoscevano nulla l’uno dell’altro, con una vera e propria “selezione del personale” eseguita nel massimo segreto, con l’incubo della delazione cui si faceva fronte con un vero e proprio servizio di controspionaggio che permetteva di prevedere in anticipo le mosse della Gestapo.

Tra le persone ricordate da Cento, il Sottotenente Lombardi e Padre Grigoletto, che durante le perquisizioni nascondevano la Caterina nei pantaloni il primo e sotto la tonaca il secondo. Anche per Cento, così come per tutti gli altri Internati contattati nel nostro lavoro di raccolta di informazioni, grande commozione e riconoscenza nei confronti del Comandante Brignole, principale artefice della Resistenza all’interno del campo.

Ad ogni racconto di questi testimoni non possiamo che stupirci delle capacità e del coraggio dimostrato: ufficiali di macchina della Marina Militare che realizzavano i più assurdi macchinari fabbricando ingranaggi e ruotismi praticamente senza attrezzi, fornelli autocostruiti dal nulla, macchine fotografiche nascoste in scatole di latta e avvolte in stracci per formare palloni coi quali i prigionieri fingevano di giocare durante i trasferimenti per evitare il sequestro. E la meravigliosa storia di Caterina, che continua a sorprenderci di giorno in giorno.

Cento, come altri ex Internati, parla di “incoscienza”. Noi possiamo solo chiederci che cosa avremmo fatto al loro posto, e dimostrare gratitudine per avere scelto di affrontare le durissime condizioni del Lager piuttosto che tornare in Italia dove, come scrisse Guareschi nel Diario Clandestino, “petti di italiani aspettavano le scariche dei nostri fucili”, consegnandone il ricordo ai nostri figli.

 

Al momento della redazione del’articolo Franceco Cento ricopriva la carica di Presidente della Sezione di Genova dell’Associazione Radioamatori Italiani. Non poteva quindi mancare sulla rivista anche l’articolo su Giuseppe Brignole, eccezionale Comandante del campo di Sandbostel.

 

Pubblicato il 01/11/2007 – Ultimo aggiornamento: 01/11/2007