Ernesto Vigano’ (2006)

Radio Rivista ottobre 2006A seguito dell’articolo pubblicato sul numero di giugno 2006 di RadioRivista, l’ex IMI Ernesto Viganò ci ha consegnato il 9 luglio 2006 una lettera pregandoci di farla pubblicare. La lettera è stata pubblicata sul numero di ottobre 2006 di RadioRivista. Riportiamo l’articolo completo.

 

 

RadioRivista
Ottobre 2006
Pag. 112

 

Abbiamo parlato di Caterina nel numero di giugno 2006 di Radio Rivista, ripromettendoci di continuare la nostra ricerca sulle radio costruite nei campi di prigionia. Ebbene, in seguito all’articolo ci è pervenuta una lettera da parte di uno dei sopravvissuti al Lager di Sandbostel, l’Ing. Ernesto Viganò, I2BEV.

 

LETTERA ALLA SEZIONE DI CARPI

di Ernesto Viganò, I2BEV

Ernesto Viganò I2BEV

Carissimi, il vostro articolo riguardante Radio Caterina mi ha profondamente commosso e, non mi vergogno dirlo, anche fatto inumidire gli occhi.

Di colpo mi sono ritrovato ancora nella squallida cameretta della baracca di Sandbostel, ho rivisto Oliviero che mi porge le monetine per la pila, Guerreschi con la soluzione acida, Tarini, Caciolatti ed altri di cui, pur non ricordando il nome, rivedo i lineamenti, tutti intenti a preparare la radio per l’ascolto serale.

Questo perché la vicenda è stata vissuta da me in prima persona.

Ci chiamavano “azionisti” di Radio Caterina, ciascuno di noi ha dato il più ed il meglio di se stesso per la buona riuscita dell’impresa.

Sono I2BEV, Ing. Ernesto Viganò, 90 anni di cui 75 dedicati al nostro Hobby. Honor Roll dal 1948.

Del periodo trascorso nei Lager ho ancora ricordi assai vivi e precisi; vorrei raccontare ai giovani questa avventura perché possano meglio comprendere quello che è il nostro spirito radiantistico.

Di questa radio si è parlato varie volte, ma mai spiegando come e con quali materiali è stato possibile realizzarla. Solo in occasione del 50° della RAI uno scrittore di radiodrammi ne ha fatto uno intitolato Radio Caterina ed ha invitato me ed il Dr. Guerreschi ad interpretarla per trasmetterla sul 3° programma; era il Dr. Guarda, col regista Raiteri, e la trasmissione ha avuto un discreto successo.
Abbiamo potuto così raccontare come sono stati costruiti dal niente i vari componenti.

Tutto ha avuto inizio con una richiesta un po’ strana: costruire un condensatore variabile. Contemporaneamente si è saputo della presenza nel Lager di una valvola, una 1Q5, diodo triodo. Un primo tentativo di fare una specie di trimmer con delle lamette di rasoio non è riuscito: troppo scarsa la capacità. Avevamo visto che dalla mensa dei nostri aguzzini venivano scartate delle scatolette di latta; le abbiamo prese col pretesto di farne dei contenitori, ed abbiamo ritagliato le lame fisse e mobili. Dopo un lavoro certosino di appiattimento e strofinate con la sabbia per togliere ogni asperità, sono state montate su una assicella. Due chiodi bloccano le fisse, uno le mobili per poterle ruotare, cellophane come isolante. Funziona!

Occorreva uno zoccolo per fissare la valvola. Uno di noi, che era orologiaio, lo ha costruito con della masonite e strisciette di latta.

Ogni tanto i tedeschi ci davano, oltre alla razione di rape bollite, anche una specie di margarina, stretta parente del grasso per i cuscinetti. La carta che la avvolgeva era molto resistente e, una volta pulita, lavata ed essiccata, strofinandola con una matita tenera si otteneva una resistenza del valore voluto.

Il condensatore di griglia: abbiamo avuto la fortuna di trovare della stagnola di una tavoletta di cioccolato arrivata con un pacco e salvata. Sì, perché quando arrivava qualcosa da casa, un incaricato faceva portare la coperta, apriva il pacco, trovava la pastina, apriva la confezione e la versava sulla coperta. Trovando del detersivo per lavare, apriva e lo versava sulla pastina. Spremeva poi mezzo tubetto di dentifricio e così via…

Con le cartine di sigarette arrotolate strettamente nella stagnola abbiamo fatto il condensatore, che è poi stato bollito a lungo nella cera dei moccoli del Cappellano.

Per la cuffia: si sapeva che uno degli ufficiali aveva uno dei primi rasoi elettrici. Non era “azionista”, e naturalmente non poteva usarlo. Lo abbiamo comperato con varie razioni di pane e di tabacco, moneta corrente nei Lager, per poi smontarlo e recuperare un magnetino, che è stato fissato sul fondo di una scatoletta. La cuffia era fatta.

Occorreva il filo per avvolgere la bobina. Si è tentato di usare i refoli estratti da un pezzo di conduttura elettrica, ma il filo nudo presentava troppi problemi. L’unico filo adatto c’era, ma era nella dinamo della bicicletta del sergente postino tedesco. Come rubarla? E qui è stato un capolavoro di inventiva. Opera, se ben ricordo, di Martignago. Rivedo la scena. Due di noi pronti ad inscenare una lite furibonda, un terzo di vedetta alla porta. “Arriva!”. I due si azzuffano andando a sbattere contro la bici e facendo cadere il postino. Questi, furibondo, li porta al Comando per dar loro una sonora lezione, lasciando la bici appoggiata alla porta della baracca. Ci raduniamo per ammirare il mezzo mentre Martignago con un altro di noi smonta febbrilmente la dinamo, la apre e ricupera il filo. Stava rimontandola quando un soldato che i tedeschi chiamavano per pulire i locali del Comando ci fa segni disperati: il tedesco stava tornando. Riesce a fermarlo quel tanto che ci basta. Si chiamava Rino Zerbone, ora infermiere in Alassio. Grazie a lui abbiamo salvato la pelle!

La bobina è stata quindi avvolta su un portasapone di bachelite.

Per le pile: quella da 1,5 Volt era ricuperata sempre da Zerbone tra quelle esaurite delle torce delle sentinelle; dopo un certo riscaldamento si rianimavano quel tanto che bastava.

Per l’anodica: Volta, aiutami tu! I nostri aguzzini ci avevano portato via tutti i soldi che avevamo all’atto della cattura, ma ci avevano lasciato dei 10 centesimi per giocare a dama. Ritagliando dei dischetti di zinco dai lavatoi e la stoffa dalle nostre coperte abbiamo rifatto la pila originaria, usando come acido della orina concentrata e fatta fermentare. Anche questo è fatto, e Radio Caterina fa sentire la sua flebile voce.

Operatore: Oliviero. Si legava un asciugamano attorno alla testa per tenere la cuffia all’orecchio e registrava le notizie che, o con bollettini appiccicati alla porta dei gabinetti o per tam-tam, venivano diffuse.

Ognuno di questi componenti è costato un lungo e difficile lavoro sia di costruzione che di reperimento di materiale adatto, il tutto nella massima segretezza. Solamente il nostro spirito di OM ci ha permesso, assieme alla competenza in questo campo, di arrivare ad avere dei risultati che ci hanno sostenuto durante quel terribile periodo della nostra vita.

Ho sempre raccontato usando il plurale perché il merito di questa impresa è uguale per tutti: sia di chi ha costruito che di chi ha solamente fatto la guardia per non essere sorpresi dai tedeschi. Spero di non aver fatto degli errori in questo mio racconto: a 90 anni la memoria fa quello che può e molti fatti si sovrappongono rendendo difficile districarli. Non mi resta che mandare un affettuoso saluto a chi è ancora presente ed un grato ricordo per chi ci ha preceduto.

Se qualcuno può aggiungere altri particolari o correzioni gli sarò molto grato.

73 e 51 da I2BEV Ernesto.

Disponibilissimo a chiarirci tutti i nostri dubbi, Ernesto ci ha invitati a casa sua, a Milano, concedendosi alle nostre domande. Ernesto non è solo un ex Internato, ma anche e soprattutto Radioamatore, e ci ha mostrato con orgoglio gli apparati autocostruiti nella sua lunga carriera e una fotografia del medesimo nell’atto di sistemare un dipolo sul tetto dell’edificio in cui abita a Milano, scattata qualche mese fa nel bel mezzo dei suoi 89 anni!

Ci auguriamo che altri Internati possano aiutarci a raccogliere testimonianze su Caterina e ringraziamo Ernesto, dal cui entusiasmo siamo stati letteralmente travolti.

IZ4BZB Giorgio - I2BEV Ernesto - IZ4BBD Maurizio       I2BEV Ernesto mentre sistema l'antenna sul tetto di casa (circa 30 metri dal suolo)  
IZ4BZB Giorgio – I2BEV Ernesto – IZ4BBD Maurizio       I2BEV Ernesto mentre
sistema l’antenna
sul tetto di casa
(circa 30 metri dal suolo)

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Pubblicato il 23/08/2006 – Ultimo aggiornamento: 06/11/2006