Gli spagnoli a Mauthausen

Radio Rivista maggio 1986Giorgio Brignola, radioamatore con il nominativo IW1PDV, si trovava a Mauthausen nel maggio del 1985, durante una commemorazione ufficiale. Imbattendosi in un gruppo di radioamatori spagnoli, viene a sapere che erano ex deportati che nel Lager avevano realizzato e custodito una radio di fortuna.

L’articolo fu pubblicato a pagina 119 del numero di maggio 1986 di RadioRivista, organo ufficiale dell’Associazione Radioamatori Italiani (ARI).

La radio del Lager

di Giorgio Brignola IW1PDV

Un mattino della scorsa primavera. Dopo giorni di pioggia, vento e freddo, il sole è tornato a splendere sull’Oberdonau, tra le verdi colline d’Austria. Il paesaggio, ancor umido, non sembra diversificarsi da quello delle nostre campagne. Il frumento e la vite si sviluppano come da noi. Ma a bene osservare, su una di quelle colline che tanto ammiravo, è ben visibile una massiccia costruzione di pietra con tutti gli attributi tipici di uno dei tanti campi di sterminio che la follia di Hitler aveva voluto in Germania prima, poi in Austria, Polonia e Cecoslovacchia.

Il sole illumina il muro esterno del campo di Mauthausen dove, con i sottocampi di Gusen I, Gusen II e Hartheim, vennero uccisi, con calcolata pianificazione, oltre centoventimila esseri umani.

Sono passati quarant’anni da quel maggio 1945, quando le truppe alleate liberarono quei luoghi di morte. Nel 1945 avevo due anni. La scuola, la società non mi ha detto molto su quanto era accaduto in Germania dal 1933 al 1945, tuttavia è stato pur sempre un capitolo, anche se drammatico, della nostra storia contemporanea.

Volevo rendermi conto, vedere. Ora ci sono e mi rendo conto che i resti di questo campo trasudano dei patimenti di coloro che ci sono vissuti e ci sono morti.

Eppure, anche nella più criminale pianificazione della vita, i sopravvissuti ci sono stati. Non molti, oggi ancor meno, ma ci sono stati. E proprio da questi uomini, che ho sentito vicini per alcuni indimenticabili giorni, ho avuto la reale dimensione dei fatti. Una dimensione che non mi è sembrata turbata dall’odio, ma da una grande nostalgia per i compagni caduti. mauthausen, forse uno dei campi meglio conservati per volontà dei popoli liberi, ha una sua storia, una storia che è la risultante di quei fatti di vita quotidiana che oggi appaiono banali. Ma dal 1928 ad oggi, anche le banalità potevano essere un mezzo per sentirsi vivi e sperare di uscire senza catene da una di quelle porte, circondate da reticolati ad alta tensione, che delimitavano il perimetro esterno del campo.

Ed è proprio di un fatto che desidero scrivere. Dopo le commemorazioni ufficiali, i gruppi degli ex-deportati si incontrano, lacrime e gioia nello stesso tempo. Mi sento escluso. Del resto, cosa potrei dire io? Quale realtà può accomunare chi a sofferto nella carne con chi, grazie a Dio, non è stato sfiorato dalla guerra e dalle atrocità del nazionalsocialismo? Nulla, credevo.

Invece. Distrattamente seguivo i dialoghi di un gruppo spagnolo. Proprio gli spagnoli avevano avuto, in senso assoluto, il numero più alto di vittime in questo campo: 9600 morti. Un dialogo assai comprensibile ed ancor più intuibile. C’era ora qualcosa che mi interessava: si salutavano con appellativi come EA1, EA3, EA4: …erano radioamatori! Mi sono fatto coraggio e mi sono presentato. Tutto è stato estremamente facile, anche se il mio spagnolo è proprio carente. L’età dei componenti il gruppo varia tra i sessanta ed i settantacinque anni; ma sono ancora tutti vigorosi. E mi raccontano, mi raccontano.

Ora, quasi automaticamente, il discorso slitta sulla passione che ci accomuna. Qualche informazione tecnica, poi si ritorna a quarant’anni prima. Anche allora c’era la radio! Una radio di fortuna, fatta chissà con quali artifici, da quel gruppo di deportati. Eppure funzionava egregiamente!

L’importante era nasconderla alle minuziose perquisizioni dei guardiani. Una piccola radio che consentiva di non essere isolati dal mondo. Di conoscere le sorti del conflitto.

La “radio” ha continuato a funzionare per qualche tempo, poi, per usura, aveva smesso di gracidare; non prima di aver annunciato che le armate russe ed americane si erano unite in terra tedesca.

Mentre il racconto finiva, ci siamo trovati con le mani strette, ma con i volti sereni. Ci siamo salutati con dei calorosi 73 [1].

Il sole tramontava dietro le colline dell’Oberdonau.

G. Brignola – IW1PDV

 

Nota:

[1] “73” è un’abbreviazione utilizzata dai radioamatori per salutarsi.

 

Pubblicato il 24/12/2006 – Ultimo aggiornamento: 24/12/2006