Vittorio Vialli

Vittorio Vialli - Ho scelto la prigioniaVittorio Vialli ha realizzato quasi 400 fotografie all’interno dei Lager tedeschi, pubblicate inizialmente nel volume dello stesso Vittorio Vialli dal titolo “Ho scelto la prigionia, – La resistenza dei soldati italiani deportati 1943-1945” (Arnaldo Forni Editore, 1975), nel quale dedica una intera sezione del libro a Caterina.

Mignemi - Storia fotografica degli IMINel 2005 le foto e i commenti di Vialli sono stati integrati nel volume di A. Mignemi “Storia fotografica della prigionia dei militari italiani in Germania” (Bollati Boringhieri, 2005).

Riportiamo alcune delle immagini più sigificative e i commenti dell’autore, ringraziando i figli di Vittorio Vialli, Silvana e Bruno, per l’aiuto prestatoci e l’Istituto Storico Parri Emilia-Romagna, presso il quale tutto il materiale originale di Vittorio Vialli è stato depositato dalla famiglia Vialli, per aver permesso la pubblicazione.

Invitiamo naturalmente alla consultazione dei libri indicati per poter meglio comprendere le sofferenze degli Internati. Per eventuali mostre riguardanti il materiale di Vittorio Vialli potete contattare l’Istituto Storico Parri Emilia-Romagna, che ha sede a Bologna.

 

 

HO SCELTO LA PRIGIONIA

di Vittorio Vialli

Dalla presentazione, pagine 29-30

…gli I.M.I. non parlano volentieri della loro prigionia. tra le varie malattie che molti vi contrassero, manca per fortuna quella del reducismo. non aspirano a che li si giudichino eroi, e nemmeno vogliono rivendicare percentuali del ruolo di salvatori della patria. Essi desiderano soltanto che non si dica che sono stati dei “fessi” perchè in quei tempi calamitosi di grandi confusioni di idee, in cui era umano che ognuno pensasse a se stesso, non firmarono la famosa adesione. Gli I.M.I. vorrebbero, in breve, che la gente, e soprattutto i giovani, capissero che essi hanno semplicemente fatto il proprio dovere di soldati e cittadini. Con dignità. In condizioni dure. Per libera e meditata decisione personale…

…Gli I.M.I. appresero, dopo la guerra, fatti che prima ignoravano o solamente intuivano in maniera molto vaga, moltissimi dei quali colpirono a morte milioni e milioni di poveri innocenti indifesi; fatti aggiaccianti ed impensabili per orrore ed efferatezza. Per quanto effetti e conseguenze delle guerre siano stati in ogni epoca terribili, non era possibile immaginare le tragedie immani dei campi di sterminio, le camere a gas, i forni crematori, la soluzione finale, gli innumerevoli assassinii in massa, freddamente attuati dagli hitleriani con burocratica efficienza. Del pari non è possibile dimenticare che, di 67.000 prigionieri italiani in Unione Sovietica, i rimpatriati, dopo anni di segregazione senza notizie, furono appena 10.000. Né si possono scordare le durissime condizioni degli italiani nei campi di concentramento francesi del Nord Africa e nemmeno le interminabili detenzioni in India… Questo, ed ovviamente non soltanto questo, ha inevitabilmente ridimensionato nel cuore degli I.M.I. le prime valutazioni fatte della propria vicenda. Essa non è più vista oggi, almeno da chi vuiol essere obbiettivo, come la più dura tra quelle sopportate dagli uomini nella seconda guerra mondiale.. Ce ne sono state di ben più tragiche, purtroppo. Ma, pur non essendo stata la più dura, essa rimane non di meno un capitolo molto triste da iscrivere nella storia contemporanea. Una vicenda da non dimenticare: non per sollecitare o rinfocolare l’odio, sia chiaro, ma per fare umanamente comprendere, a chi dall’esperienza altrui vuole imparare qualcosa, i guai che possono nascere dall’intolleranza, dal fanatismo, dalla smodata demagogia.

      Speriamo bene.

 

Dichiarazione d'impegnoFig. 33 – Beniaminowo 8 gennaio 1944 Una copia originale della “dichiarazione d’impegno”, cioè dell’adesione alla R.S.I.

Vialli e Paccassoni
Fig. 40 – Beniaminowo, febbraio 1945. Vialli e Paccassoni (a sin.).
L’ing. Vittorio Paccassoni, di Fano, sottotenente di complemento del Genio Navale, è l’amico fraterno che mi ha aiutato molto nel salvare la macchina fotografica durante le perquisizioni.

Il carro M
Fig. 75 – Sandbostel, 1944. Il servizio svuotamento dei pozzi neri era effettuato con carri-botte trainati da soldati italiani e russi. Nel primo tempo i russi riuscivano a far entrare – nascosti all’interno del carro M (o “Volga Volga”) – viveri del mercato nero.

In questa foto, gli addetti sono tutti russi.

Gli italiani al carro "M"Fig. 76 – Sandbostel, estate 1944. Un certo giorno, al traino dei carri M vennero adibiti militari italiani (nella foto). I russi consegnavano il veicolo vuoto all’entrata del campo e lo riprendevano quando i nostri lo riportavano pieno. Era successo che quelli della Caterina avevano fatto circolare la voce, giunta agli orecchi dei tedeschi, che le informazioni proibite sull’andamento della guerra entravano nel campo tramite i russi del carro M. Se ben ricordo, il fatto avvenne subito dopo lo sbarco degli Alleati in Normandia, 6 giugno 1944. La grande notizia fu captata dalla radio clandestina e si diffuse in un baleno tra gli I.M.I. Al mattino, i tedeschi ignari la appresero da noi, dalle facce improvvisamente sorridenti, dalle molte barchette di carta che, spettacolo del tutto insolito, galleggiavano sull’acqua del laghetto. La corvé del carro M rimase tuttavia guidata da uno “specialista” russo (a sinistra della foto). I volti dei nostri soldati esprimono chiaramente l’avvilimento della situazione.

Foto di gruppo con Martignago
Fig. 83 – Sandbostel, estate 1944. Un gruppetto importante di I.M.I. Vi sono ritratti, ad esempio, il tenente Carlo Martignago (il secondo da destra, con la bustina), ingegnere, uno degli addetti – tra i più capaci e spericolati – alla Caterina, la radio segreta del lager; il terzo e il quarto da sin. sono i fratelli Nino e Bruno Betta, attivissimi promotori dell’iniziativa culturale intitolata “Orientamento”.

Padre Luigi Grigoletto
Fig. 84 – Il simpatico cappellano padre cappuccino Luigi Grigoletto. Molto noto nel Lager per l’umanità che prodigava nello svolgimento del suo ministero, egli fu protagonista essenziale nel salvare la “Caterina”. I tedeschi avevano deciso improvvisamente di ispezionare la baracca comando, dove era nascosta la radio. Don Grigoletto se la legò tra le gambe e passò lentissimo tra gli uomini della Gestapo, fingendo di leggere il breviario. Con prontezza di spirito, il com.te Brignole, presente alla perquisizione, lo sollecitò “severamente”, davanti all’ufficiale tedesco, ad andare a fare il suo dovere altrove. Il tedesco approvò e la “Caterina” fu portata fuori dalla zona pericolosa.

LA RADIO CLANDESTINA

A Sandbostel, coraggio e fortuna aiutando, passarono alle perquisizioni due radio normali, ma la Gestapo non tardò a scoprirle e i responsabili, ten. Gigi Lombardi e cap. Davolio Marani, furono condannati a due anni di carcere duro. Ma non di queste si vuole parlare, bensì della famosa Caterina, l’apparecchio ricevente costruito clandestinamente nel lager partendo dall’unico pezzo non realizzabile in quel luogo, una preziosa valvola 1G5 [1Q5 – ndr]

Un affiatato gruppo di ufficiali, ognuno dei quali aveva un incarico specifico, riuscì a mettere insieme a Sandbostel la Caterina, e a Fallingbostel la Mimma, la seconda più sofisticata perchè riusciva a captare le onde corte. La Caterina era un aggeggio di cm. 9 x 10 x 5 che dopo ogni ascolto veniva smontato, e i vari pezzi opportunamete nascosti qua e là nelle baracche. Non posso in questa sede descrivere il giallo delle due radio clandestine. Mi limiterò ad alcune brevi notizie. Prima di tutto i nomi dei componenti l’eccezionale équipe, senza specificarne le varie mansioni e specializzazioni. Eccoli: Santilli, Angiolillo, Olivero, Martignago, Talotti, Tranquilli, Tarini, Tarli, Guerreschi, Develli, Balconi, Malaguti, Balladori, Cappalozza, Pisani, Lombardi, Calcaterra, Levere, Possenti, Cacciolatti, Boscaini (quest’ultimo un maresciallo dello Stalag di Fallinbostel). L’organizzazione contava su bravissimi radiotecnici, su ingegnosissimi “procacciatori” di materiali, su fabbricatori di surrogati di pezzi indispensabili, su addetti alla sorveglianza esterna ed interna, su “annunciatori” e diffusori delle notizie captate. Vennero fabbricati condensatori di vari tipi, resistenze, raddrizzatori di corrente, pile, bobine, cuffie ed altre cose, minori ma indispensabili. Furono usati (o opportunamente trattati) i materiali più impensabili e innocenti: brillantina, monete, pezzi di lamiera zincata, l’acido dei vasetti di sottaceti, chiodi, pezzi importanti a un Feldwebel, il famoso “Margarina”, venne distillato perfino il liquame dei cessi, e fuso il catrame che ricopriva le assi dei tetti delle baracche; s’inventarono artritici immaginari – a Fallingbostel – per mascherare il disagevole trasporto, tra le gambe, di un accumulatore di tre chili, portato ogni giorno a ricaricare nell’infermeria. Si inventarono e diffusero notizie false per sviare sospetti e ricerche: un vero e proprio servizio di contro-spionaggio.

A questi uomini gli I.M.I. devono molto. Essi hanno saputo tenere alto il morale della gente, aiutandola a resistere, specie negli ultimi durissimi mesi. Grazie, amici.

Radio Caterina
Fig. 86 – La Caterina, la radio ricevente costruita clandestinamente da ufficiali italiani prigionieri nel lager di Sandbostel (Germania). Si vedono bene, nella cassettina, la valvola 1Q5 (l’unico pezzo non fabbricato dell’apparecchio), la bobina, la leva di sintonia del condensatore variabile. A destra la batteria anodica, composta di 20 monete di rame, 20 dischetti di lamiera zincata dei lavatoi, e venti ritagli di coperta militare imbevuta di acido acetico di vasetti di sottaceti arrivati in qualche pacco. Questa specie di cimelio voltiano erogava 20 volt teorici. A sinistra, l’auriclare ricavato da un barattolo e pezzi di cartone, funzionante grazie ai magnetini ed al filo di rame isolato rubati dalla dinamo delle bivicletta del Feldwebel “Margarina”,. La Caterina non venne mai scoperta dalla Gestapo malgrado varie perquisizioni pesanti.

Interno di baracca con alcuni addetti alla Caterina
Fig. 87 – Sandbostel, 1944. Un interno di baracca. Tra questi ufficiali vi sono alcuni addetti alla Caterina, la radio clandestina del campo (a sin. Pisani).

L'episodio della dinamo
Fig. 88 – Sandbostel, estate 1944. Il cap. Pinkel, comandante del lager, mentre discorre con l’anziano del campo Com.te Brignole, interprete il ten. Tito. I tedeschi arrivavano nel campo in bicicletta. Da una di queste, appartenente al maresciallo “Margarina” (il nomignolo che gli I.M.I. avevano affibbiato a un grassissimo teutone dai modi villani e prepotenti), il ten. Martignago aveva prelevato sfrontatamente l’indotto della dinamo per ricavarne materiali estremamente preziosi per la Caterina. A sinistra il s.ten. del genio navale Paccassoni.

Le notizie lette in chiaro nelle baracche
Fig. 89 – Sandbostel, 1944. Nel settembre, quando il campo fu posto in quarantena per il tifo, le notizie di radio Londra venivano lette in chiaro di baracca in baracca. Questo fu possibile perchè per oltre un mese i tedeschi non misero piede tra noi.

Qui il ten. Cappalozza che legge le ultime novità.

Una perquisizione
Fig. 103 – Sandbostel, estate 1944. Una perquisizione di tipo leggero. Tutti gli occupanti della baracca fuori (raus! schnell! tempo tempo!) con i loro stracci. Adunata sul piazzale: quelli della Gestapo frugheranno dappertutto con cura, bagagli, vestiti e interno della baracca. Cercano probabilmente la Caterina, a volte su segnalazione di qualcuno che vive tra noi. Fu in una situazione come questa che don Grigoletto riuscì a salvare la radio, nascondendola tra le gambe e passando in mezzo ai tedeschi con fare compunto. A sinistra, la baracca comando.

Ancora perquisizione
Fig. 104 – Sandbostel, estate 1944. Siamo in piena perquisizione dei bagagli, sotto l’attenta sorveglianza dell’ufficiale comandante l’operazione. Ogni tanto, qualche internato viene fatto spogliare nudo, come quello vicino all’angolo della baracca.

Una baracca dopo la perquisizione
Fig. 105 – Sandbostel, estate 1944. L’esterno della baracca, dopo la perquisizione della Gestapo.

Una perquisizione pesante
Fig. 106 – Sandbostel, gennaio 1945. Una perquisizione di tipo pesante campale delle baracche 65 e 67, per trovare Caterina. Sveglia improvvisa alle 4 del mattino, fuori tutti con bagagli, con la massima celerità. Trasferimento in un altro settore del lager dove c’è una baracca apposita per questo genere di cose. Molti gli addetti ai lavori, Gestapo, SS, certi interpreti altoatesini inferociti. Siamo spogliati nudi e ci guardano dappertutto, proprio dappertutto… Qui l’immagine del rientro nelle nostre baracche, verso le 18.

Desolazione dopo le perquisizioni
Fig. 107 – Sandbostel, gennaio 1945. Rientrando in baracca dopo una lunghissima giornata fredda e senza cibo, dopo aver sopportato insulti, angherie alquanto pesanti, si trova tutto smontato, divelto, fracassato. È il risultato del coscienzioso lavoro dei perquisitori, specialsti della Gestapo, durante la nostra assenza. Questo ufficiale non ha posato: il fotografo lo ha colto stanchissimo, appoggiato alla sponda del suo letto sventrato, con le sue povere cose buttate all’aria. Bisogna ricominciare tutto da capo, dalla difficile ripresa del morale ridotto al lumicino, dal tentativo di ricostruire il misero angolino dove potersi rifugiare la notte tra i propri ricordi e speranze. La foto va inquadrata, oltre che nella cornice di sopraffazione del momento, nel panorama più generale di assoluta incertezza del futuro. La Germania aveva ormai la guerra quasi in casa ed era pronta a tutto, a sacrificare se stessa secondo gli ordini di Hitler. Cosa poteva importare ai nazisti la sorte dei “traditori” italiani?

Interno di baracca attrezzata
Fig. 131 – Fallingbostel, febbraio 1945. Interno di baracca provvista di qualche residuo di attrezzatura, un letto ed una branda. Fuori campo, esistono anche un tavolo e una stufa di mattoni, mai accesa perchè i tedeschi non forniscono combustibile. Prima di ammassare gli ufficiali in baracche come questa, gli alloggiamenti erano costituiti da catapecchie inabitabili da ogni punto di vista. I privilegiati raffigurati in questa foto costituiscono un gruppetto di amici, tra i quali alcuni “esperti” nel ramo della radio. Si vedono Pisani e Prestinari.

Vialli con un gruppo di alpini
Fig. 157 – Fallingbostel, 7 aprile 1945. I piani dei tedeschi sono falliti, è arrivato il momento di pensare a se stessi. A Fallingbostel se ne vedono subito gli effetti. Infatti gli ufficiali della Wehrmacht tagliano la corda, lasciando a guardia del campo un gruppetto di anziani territoriali comandati dal maresciallo Wördel. Nella confusione di quei giorni, i viveri arrivano con difficoltà. Bisogna provvedere con urgenza. L’anziano del campo ten.col. Guzzinati esige perentoriamente dal Feldwebel il pieno rispetto gerarchico, e dà seguito ad alcune iniziative essenziali che il tedesco non può rifiutare, anche se terrorizzato dall’idea delle bande di SS che infestano la zona in cerca di traditori della causa nazista (a Wietzendorf le SS hanno impiccato il cap. Lohse addetto al campo come aggiunto, “colpevole” di avere consegnato gli ufficiali internati agli inglesi). Si costituiscono immediatamente squadre di volontari che escono dal campo alla ricerca di alimenti: gruppi di alpini, del genio, della marina. Vialli, primo a sinistra, in ginocchio, si aggrega alla squadra degli alpini, comandata dal cap. Gallarotti (il secondo da destra). Ci sono Daz, Less, Nasci, Valditara, Bitti, Campana ed altri. Sono per la maggior parte reduci dalla russia, alpini della tridentina, quelli che hanno rotto a Nicolajewka l’accerchiamento sul fronte del Don.

Si espone in chiaro la situazione bellica
Fig. 165 – Fallingbostel, aprile 1945. Il cap. Sinopoli espone ormai in charo la situazione bellica, le prospettive, le possibilità e come intendiamo organizzarci. (A destra, in piedi, Giacomini).

La tomba di Lidia Nicolosi, ebrea italiana di 15 anni
Fig. 192 – Bergen Belsen. Cimitero, agosto 1945. Abbiamo fatto amicizia con alcuni supersti del lager di annientamento di Bergen Belsen, distante pochi chilometri dal luogo dove ci troviamo. Sono ebrei che ci accolgono, dapprima con freddezza, poi con calda cordialità: stato d’animo comprensibile. Visitiamo insieme il terribile campo, le camere a gas, i forni crematori, le fosse comuni, i cimiteri dove sono sepolti quelli che sono morti dopo la liberazione. Tombe a non finire. Qui, una recentissima, di una quindicenne ebrea italiana, Lidia Nicolosi, che non ce l’ha fatta a sopravvivere alla “soluzione finale”.

Abbiamo voluto terminare con questa immagine, che nulla ha a che fare con radio Caterina ma ci riporta a quanto scritto da Vialli nella presentazione: “Per quanto effetti e conseguenze delle guerre siano stati in ogni epoca terribili, non era possibile immaginare le tragedie immani dei campi di sterminio, le camere a gas, i forni crematori, la soluzione finale, gli innumerevoli assassinii in massa, freddamente attuati dagli hitleriani con burocratica efficienza”.
Come testimoniato dai figli, Vialli si trovò a Bergen-Belsen subito dopo la liberazione da parte degli Alleati, e di tutto l’orrore ancora visibile decise di lasciare questa significativa testimonianza: una ragazza morta nel fiore degli anni, della stessa età di Anna Frank, nello stesso Lager.

Pubblicato il 06/10/2006 – Ultimo aggiornamento: 06/10/2006